sabato 4 ottobre 2008

Recensione M: "Don Giovanni", Lucio Battisti

Inauguro oggi una sezione che per pigrizia ho sempre sottovalutato. Libri, musica, cinema, spettacolo, software, trend parrocchiali e tutto il recensibile. Naturalmente senza alcuna competenza.

Nel 1986, un Battisti ormai lontanissimo dall'animo mogoliano e il poeta ermetico Pasquale Panella avviano una collaborazione che si interromperà solo con la morte di Lucio nel 1998. Don Giovanni, è il primo lavoro pubblicato della quadrilogia dei dischi bianchi, minimalisti nella veste grafica come nel suono.
All'epoca, nonostante il suo..rotolio verso l'introspezione fosse già ampiamente avvistato, queste otto tracce sparigliarono l'immagine che il pubblico e la critica avevano di Battisti; la gente affrontò lo scalino tra i successi "universali" degli anni 60-70 e questa trasformazione con scetticismo, se non con disinteresse.
Eppure il cantante di Poggio Bustone dimostrò una flessibilità inaspettata per certi versi, accogliendo una sfida personalissima ed incurante che colpì favorevolmente gli addetti ai lavori, ed in effetti Don Giovanni è un disco molto ben congegnato.
La sezione musicale contralta alla perfezione l'astrazione lirica dei testi di Panella, e la voce dell'interprete riempie la narrazione col suo timbro consueto e umanissimo. Frequente che la sintassi dei versi si adatti alla musica e non viceversa.
Non è un disco che promette di spiegarsi facilmente, ed anzi semmai si sforza del contrario.
Come lo stesso cantante confessò in un'intervista, certo non interessava a nessuno fare un disco semplice: ricevuto un testo, qualora fosse stato incomprensibile allora Battisti si chiudeva in studio, scriveva la musica più piatta che potesse concepire e lo registrava senza emozioni con lo sguardo al pavimento.
Un' iperbole naturalmente. Bisogna ammettere che Don Giovanni concede suggestioni più che emozioni, specialmente per brani come la title track che si può ascoltare in questa pagina, o Le cose che pensano, Fatti un pianto e Il diluvio. 
Il suono è quello dei migliori anni '80 di pop melodico, ma alla maniera di una canzone leggera italiana colta che attinge più alle sonorità nord europee che latine, scritta e prodotta da uno che "avrebbe potuto cantare l'elenco del telefono" in compagnia di un "project" di musicisti davvero importante, perlopiù britannico.
Di qui in poi per altri tre album, in comune col il ragazzo capelluto che fece cantare gli italiani Battisti mantiene solo il nome e un aspetto fisico inequivocabile ma irriconoscibile.
La sua musica prese a suonare con coraggio in questo modo egoista, e chi avesse lo sguardo libero e lontano ne ammirò la grandezza sopra ogni tempo.


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